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Scritto da: Dott. Abg. Erik Tornaboni

In caso di calamità naturale, come nelle ipotesi di alluvioni ed esondazione di fiumi verificatesi recentissimamente nello spezzino in seguito al maltempo, i danni ad attività ed imprese costituiscono, purtroppo, una delle ovvie conseguenze.

Nell’ipotesi di affitto di azienda, la cui disciplina è richiamata alle norme della locazione previste dal Codice Civile, la norma prima di riferimento è data dall’art. 1588, il quale stabilisce che “il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa che avvengono nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile”.

Naturalmente, consistendo l’affitto d’azienda un’ipotesi di locazione riferita, come è noto, ai locali ove si esercita l’attività di impresa, è pacifica l’attuazione dei principi di cui alla materia delle locazioni immobiliari, per la quale è il conduttore, in tal caso l’affittuario, che è tenuto al mantenimento in buono stato della cosa locatizia fatte salve ipotesi di caso fortuito o forza maggiore.

Il disastro naturale, che può costituire senz’altro un’ipotesi di forza maggiore, non esonera tuttavia di per sé stesso l’imprenditore che esercita in affitto d’azienda, il quale, comunque, deve dimostrare di aver adempiuto agli obblighi di custodia del bene affittato.

Questa è la linea espressa dalla giurisprudenza, che nella pronuncia della Suprema Corte di Cassazione del 17 dicembre 2010, n. 25644, ha stabilito che la presunzione di colpa a carico del conduttore resta in piedi fino a quando il conduttore affittuario non sia in grado di dimostrare di non aver potuto impedire il verificarsi del danno all’immobile.

Naturalmente, resta salvo, in caso di positivo accertamento di impossibilità del mantenimento in buono stato, il diritto della non corresponsione del canone di locazione, dietro l’ovvia restituzione del bene al legittimo proprietario, comportando la risoluzione del contratto (così, Cass., 22 agosto 2007, 17844)